Maria Callas, i segreti dello stile unico della prima diva dei media
L’incontro tra un sogno erotico, Marilyn Monroe e la diva per eccellenza, Maria Callas: cosa c’è di più incoerente? Invece… Nel 1962, eccoli sul palco del Madison Square Garden di New York: compleanno di Kennedy. Callas è “Carmen”, Monroe canta in nudo “Happy Birthday Mr. President”. Distanti? Assolutamente no. Dive mediatiche alla pari. Simboli, oltre la loro arte. La potenza dell’immagine. Ecco come è. Oggi, scegliete Callas come termine di paragone? Leggibile per tutti, proprio come Madonna. Il 16 settembre saranno passati 40 anni dalla scomparsa del soprano greco a Parigi. Fermento di eventi. Torneremo, ancora una volta, a parlare del fenomeno vocale. Basterebbe ascoltarla… Perdetevi. Nell’era dei social media, non si può prescindere da un’analisi del “Fenomeno Callas” attraverso il suo stile, un’immagine frutto di un tenace lavoro (così attuale) fatto su se stessa da Maria, per trasfigurarsi in Callas. Non a caso il titolo di un film-documentario, di un libro e di una mostra a Parigi, curati dal regista e fotografo Tom Volf, è «Maria by Callas», frutto di quattro anni di ricerche in giro per il mondo. «Basta guardare i film esposti — spiega Volf — per capire come oltre il bel canto, la comunicazione visiva attraverso lo stile faccia parte del mito».
Come un levriero conquistò la Scala
Un lavoro certosino. La Callas lo inizia dopo il debutto in Italia, un altro anniversario quest’anno: il 70° dal 2 agosto 1947, quando canta “Gioconda” all’Arena di Verona. Lì incontra Giovanni Battista Meneghini, il suo futuro marito. La Callas del 1947, mentre il “New Look” di Dior trionfa con la sua vita esangue, è una Callas paffutella. “Mi sono trovata davanti una matrona in visone, un cappello orribile, le guance vermiglie e le labbra gonfie”, la descrive Camilla Cederna dopo il loro primo incontro. Molti restano scioccati. La Callas capisce subito: i trionfi sul palco non bastano: primadonna con voce? Primadonna con corpo. A Milano le regole dello stile sono dettate da Elvira Bouyeure Leonardi alias Biki, nipote di Puccini. Lei veste solo donne très minces, magre, il soprano no. La cantante arriva all’atelier, in via Sant’Andrea con Meneghini. Biki è perplessa. La Callas pronuncia. “Non sono ancora una tua cliente. Mi rivedrai”. Tornerà nel 1954 (anno in cui inaugura la Scala con “Vestale”, il suo primo trionfo con Visconti), “svuotata come un levriero”, dice Cederna e con “misure identiche a quelle di una modella: 95 di seno, 74 di vita e 92 di fianchi”, rivela Biki. Testarda come sempre, la Callas, dopo aver visto Audrey Hepburn in “Vacanze romane” nel 1953, la sceglie come suo obiettivo. Un’ossessione per la vita: dal taglio di capelli al trucco degli occhi, agli abiti bon ton, ai cappelli e alle borse. Ci riesce e Maria diventa così perfetta da incarnare e creare il suo Stile. Come è successo a Grace Kelly: altezzosa in “Caccia al ladro” e “Alta società”, diventa la prescelta di Ranieri di Monaco, perfetta sul grande schermo, perfetta sul trono; lo stesso accade alla Callas. Ma il suo Romeo non è un principe, un mascalzone: Aristotele Onassis. A attrarlo non è la voce, ma il potere mediatico della diva. Non a caso abbandonerà Maria per sposare la vedova Kennedy, Jackie O, un’altra icona.
Parigi, un successo per il concerto rock
Nella trasformazione della Callas da diva cantante a Divina, la data spartiacque è il 19 dicembre 1958, il debutto all’Opéra di Parigi con un concerto trasmesso in diretta in Eurovisione con 12 nazioni. “Voici la Callas”, sussurra tremante il reporter televisivo mentre la cantante avanza sul palco. Un’apparizione mitologica: indossa un abito da sera in velluto rosso taglio impero, strascico quadrato come la stola, illuminato da una parure di diamanti di Van Cleef & Arpels. Onassis ne sarà folgorato. L’anno dopo, il 1959, la Callas si separerà dal marito e si legherà all’armatore greco, sacrificando la voce. La grande serata all’Opéra segna la definitiva affermazione dello stile Callas. Il soprano, dopo aver consolidato il suo stile di raffinata padrona di casa dell’alta borghesia milanese, sente il bisogno di diventare oggetto di emulazione e idolatria. Per compensare il vuoto emotivo? Biki con il genero Alain Raynaud aveva elaborato uno stile unico pari a quello della Hepburn, con codici precisi. La Divina li aveva svelati nel 1957 a Venezia, con un tailleur pantalone con strascico e gioielli, alla festa data in suo onore dalla giornalista Elsa Maxwell. Scandalo annesso: per essere in Laguna aveva litigato con la Scala. Cambio di vita, di compagno, di look.
Creatrice di immagini di Biki come Anna Wintour
Una metamorfosi a cui avevano lavorato Biki e Raynaud, oltre a due direttrici di Vogue USA per le First Lady della Casa Bianca: Diana Vreeland con Jackie Kennedy e Anna Wintour con Michelle Obama. “Nel vestirla, bisognava fare i conti con il suo carattere complesso”, racconta Biki. “Camminava con passo furtivo, come una tigre. Gesti teatrali, ma controllo dell’espressione e delle parole. Ogni abito doveva tenerne conto. Esaltare o smorzare, a seconda dell’occasione”. Raynaud distilla l’elisir dello stile Callas Biki: un vademecum, suddiviso in quaderni con cui la Divina ha viaggiato per il mondo. Combinazioni numeriche di abiti e accessori, senza disattendere i diktat dell’artista: amava il turchese, il verde smeraldo e il nero; quest’ultimo da indossare con i gioielli, la sua passione. Blu navy in città, pellicce d’inverno, soprattutto di cincillà; sciarpe e scialli da drappeggiare. Questo stile diventa ieratico, dal greco kore, negli anni ’70, negli ultimi concerti. Sul palco lo stile del mito Callas proteggeva Maria, una donna matura dall’animo sofferente. “Fragile, una bambina. Timida e gentile”, la ricorda Dacia Maraini. Incontrarono Pier Paolo Pasolini, viaggiarono in Africa. Subito dopo le riprese di “Medea”: un piccolo capolavoro, dal linguaggio fin troppo innovativo. Forte l’intesa tra la diva e il regista: l’ultimo “compagno di viaggio”. Al suo fianco, bastavano una polo e dei jeans, i capelli sciolti. Pasolini con “Medea” le aveva fatto riscoprire le sue antiche radici. Una trasfigurazione nel Mito. “Gli dei si annoiavano. Volevano indietro la loro voce”, così commentò la scomparsa della Callas uno dei suoi più devoti ammiratori, Yves Saint Laurent.