Perché Zhang non torna in Italia dall’Inter
Ha lasciato l’ultimo indizio collegandosi alla videoconferenza del cda dell’Inter che ha approvato i conti di metà stagione. Non una novità, per chi era ‘virtualmente’ con lui, visto che da mesi i gestori di via della Liberazione si ostinano a descrivere Steven Zhang come presente nonostante la distanza fisica e la prolungata assenza da Milano. Il presidente dell’Inter, sulla buona strada per vincere lo scudetto numero 20 della sua storia, manca dall’Italia dall’estate scorsa e non ci sono annunci del suo arrivo nemmeno nelle prossime settimane.
Impegnato a districare la matassa tra Suning e problemi personali, con sullo sfondo la scadenza ormai prossima del 20 maggio quando in un modo o nell’altro dovrà aver risolto il finanziamento concesso da Oaktree nel periodo in cui i bilanci del calcio erano allo sfascio da la pandemia. Gli ormai famosi 275 milioni di euro pagati alla controllante Grand Tower Sarl, con interessi al 12% che hanno portato la somma a circa 380 milioni.
I tentativi di rifinanziare il prestito, a tassi ancora più alti, o di allungarne la scadenza oltre le forche caudine del 20 maggio o, infine, di reperire i soldi altrove sono apparentemente falliti finora con l’effetto di aver innescato un paradossale conto alla rovescia perché il sistema italiano Il club campione potrebbe cambiare proprietà prima della fine della stagione, non per decisione del suo azionista di maggioranza ma a titolo di pegno. O no. La vicenda è avvolta nel mistero e la distanza, non solo fisica, con Nanchino e il mondo della finanza cinese non aiuta.
Perché Zhang non torna in Italia? Il tema è diventato ancora più caldo da quando la Corte d’Appello di Milano gli ha dato torto e ha ragione la China Construction Bank Asia Corporation, che vuole recuperare 320 milioni di euro (più interessi) dal giovane Steven secondo la sentenza della Corte di Hong Kong e ora può provate a richiederli anche in Italia. Dove Zhang non risulta avere beni materiali e nemmeno uno stipendio da presidente, oggetto di un nuovo tribunale datato 10 aprile perché i creditori vorrebbero che l’Inter lo riconoscesse per pignorarlo.
Steven non torna fisicamente in Italia ma non ha ancora mollato l’Inter. L’obiettivo resta restare in sella, trovare una via d’uscita con Oaktree e proseguire anche perché i conti faticano a tornare, grazie ai risultati in campo (che generano fatturato) e al lavoro della dirigenza italiana. La casa brucia tutt’intorno, ma ciò che sorprende è l’apparente serenità con cui le cose procedono in via della Liberazione, dove si trovano Marotta, Antonello e tutti gli altri.
Il mercato, che deve essere a impatto zero, è stato pianificato per tempo. La questione stadio viene affrontata senza condizioni: da un lato WeBuild con il tentativo di rendere appetibile la ristrutturazione di San Siro, dall’altro l’estensione dell’esclusiva sul terreno di Rozzano che presto sarà realtà. Il bilancio per il 2024 chiuderà ancora in deficit ma con un ulteriore gap rispetto ai -85 del 2023: lo spiega la relazione semestrale che rappresenta l’ultima traccia ‘pubblica’ di Zhang e che chiude con un surplus di 22 milioni di euro, in crescita ricavi, costi stabili e la certificazione del sostegno dato dalla proprietà che sta gradualmente convertendo in capitale i precedenti finanziamenti. Una formula tecnica che non significa che arrivino soldi da Nanchino (non accadeva dalla prima fase), e tuttavia certifica che la presenza non è solo virtuale ma concreta.
La domanda resta sempre sul tavolo: perché allora non torna? Un tema che ha aspetti concreti e di immagine. Perché cucirsi la seconda stella al petto con un presidente lontano, magari anche per questioni di debiti non ancora onorati, non è il massimo a cui si possa aspirare. L’Inter continua così, intrappolata nel suo paradosso. Sospesa in attesa dell’appuntamento del 20 maggio, al riparo dai problemi finanziari della sua proprietà eppure costretta a convivere con la domanda sul perché al suo numero uno sia preclusa la presenza fisica.